Radicali cambiamenti

I radicali cambiamenti che stanno investendo, in questi anni, il mercato del lavoro hanno condizionato fortemente le trasformazioni in atto nella scuola italiana. Da sempre il sistema formativo si è dovuto adeguare alle esigenze del capitale che richiede, all’interno del mercato, forza lavoro costantemente ricattabile e sempre compatibile con le fasi di ristrutturazione economica in atto. Oggi il processo di ristrutturazione ha prodotto la globalizzazione dei mercati e questo, in un quadro ristretto ai paesi occidentali, costringe i governi a ridurre le spese del vecchio stato sociale e, in ambito formativo a creare nuovi soggetti flessibili, precari e sempre più specializzati. In questo scenario le imprese entrano direttamente nella didattica e oltre a condizionare i programmi contribuiscono alla formazione diretta della manodopera studentesca sfruttandone, all’interno dei processi produttivi, il bassissimo costo e l’assuefazione ai continui ricatti. In questo modo oltre a rendere immediatamente produttiva la massa studentesca (praticamente a costo zero) le imprese si garantiscono un vantaggioso ricambio generazionale formando a loro piacimento il corpo dei futuri lavoratori che andranno a sostituire i vecchi, condizionandone, fin da subito, comportamenti e prestazioni. L’istruzione dunque viene sostituita dal concetto di formazione e, in alcuni casi (istituti professionali e tecnici) si resuscita addirittura il vecchio apprendistato. Tutto questo squallido scenario è stato dipinto grazie all’operato dei governi di centrosinistra, consapevoli di inserire questa riforma all’interno di un processo di ristrutturazione economica a livello globale, che in Europa viene garantito da tutti i governi socialdemocratici.

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