Film: Io non ho paura

Dal romanzo di Niccolò Ammaniti. Michele, dieci anni, vive in un paesino, anzi, proprio quattro case, della Basilicata. Con la sorella più piccola e altri amici scorrazza in bicicletta nelle stradine in mezzo al grano. A casa c’è la mamma e il papà fa il camionista, ed è uomo “tutto core”. Incuriosito da una porta di lamiera vicino a una casa diroccata, Michele la apre e vede un buco, e in fondo un piede che esce da una coperta. Dopo lo spavento iniziale torna sul luogo e scopre che quel piede appartiene a un bambino come lui, biondo e delicato, quasi cieco per il buio, ridotto a una larva. Non riesce a immaginare un rapimento. Nelle successive visite gli porta da mangiare, gli parla, gli ridà una speranza. La televisione racconta di questo Filippo rapito a Milano. Così Michele capisce. Arriva a casa tale Sergio (Abatantuono), il “milanese” che tira le fila. Tutta la famiglia è implicata. Ma il cerchio si stringe, gli elicotteri girano. Il panico sopraggiunge. Occorre sopprimere l’ostaggio. Michele corre per salvarlo. Riesce a spingerlo fra i campi, sopraggiunge il padre “tutto core” che non esita a sparare al bambino, che però è Michele. Gli elicotteri dei carabinieri illuminano il milanese con le braccia alzate, il padre col figlio in braccio e il piccolo Filippo che si è salvato.
Dopo un’apnea di molti anni, dopo aver davvero smarrito la strada maestra (complice un Oscar sproporzionato che gli aveva fatto perdere le misure) con una serie di film superflui e senza destino, ecco che Salvatores torna a “raccontare” e lo fa davvero bene. Le lunghe scene di preparazione e connessione al fatto centrale, suggestive e soleggiate, non debordano. Il grano e il cielo, gli animali e le colline, tutto concorre alla storia. E’ un meridione che non è quasi Italia, ma è mondo. Per salvare il suo amico, Michele corre nella notte, mormora a se stesso una favola e un sortilegio, intorno la civetta cattura un topo, un piccolo serpente assiste dal suo sasso. Cinema finalmente. Ed è importante per noi, da anni così disperatamente poveri e grigi, e allineati.

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